Roma, quella contemporanea, è una città normale, e per estensione potrebbe essere divisa in tanti piccoli quartieri-comune, ognuno con la propria struttura sociale, i propri simboli e i propri rituali. Per quanto nel mondo la sua immagine sia spesso legata alla sua identità storica e alle meraviglie del suo passato, dai capolavori della classicità a quelli dei Papi; oggi la maggior parte dei romani vivono una realtà a cui questi monumenti sono estranei, sostituti da altri punti di riferimento. Ma Roma è una città normale: nuovi edifici diventano i centri di aggregazione dei romani, diventando nuovi frammenti di memoria che quando noti cominci a sentirti a Casa.
Non si tratta di disaffezione, ma di adattamento. Adattamento all’evoluzione della città, con la crescita del turismo a consumo che ha caratterizzato Roma negli ultimi anni, spingendo i romani fuori dal centro storico, con la graduale trasformazione delle botteghe in ristoranti, e degli appartamenti in strutture ricettive non controllate, cambiando la natura dei rioni storici; adattamento alle pedonalizzazioni e alle limitazioni del traffico per decongestionare il centro, nelle foto degli anni ‘70 e ‘80 si vedono auto parcheggiate in posti dove oggi sarebbe inimmaginabile, come vicino al Pantheon, a Piazza del Popolo, addirittura fino a pochi anni fa, si poteva rimanere bloccati nel traffico e nell’attesa godersi la vista del Colosseo.
Adattamento alla crescita di una città che si stravacca oltre il Grande Raccordo Anulare, con la sua corona di centri commerciali, con gambe e braccia ovunque sull’agro romano.
Adattamento ad una forza centrifuga, invisibile ma costante, che spinge le attività a disperdersi lontano da quel centro violentato. Ma Roma è una città normale e ha creato un nuovo immaginario in cui la tangenziale Est prende il posto dell’Appia Regina Viarum; in cui, nei quartieri di Roma Sud, le società sportive rimarcano la propria identità legando il proprio nome all’immagine del Palazzo della Civiltà Italiana o al Gazometro.
Anche il Monumento di Piazza Cina, al Torrino, è un monumento normale. La leggenda racconta che la toponomastica del quartiere sia dedicata alla Cina per onorare gli accordi commerciali con il nostro paese alla metà degli anni ’80. A suggellare questa dedica si sarebbe dovuto erigere, al centro della piazza, un monumento, ma nel 1989 i fatti di Piazza Tienanmen fermarono questo processo. Questo “Vuoto” è stato rattoppato una quindicina di anni dopo con nuovo monumento alieno sia alla iniziale dedica alla Cina che al quartiere. Il risultato è una composizione geometrica alta 4 metri in acciaio corten, mai accettato dagli abitanti, che hanno espresso il proprio disappunto decorandolo con diversi apprezzamenti quali un grosso punto interrogativo, un “impara l’arte o mettiti da parte” fino al definitivo “TETANO”. Questa scritta viene ripassata e restaurata, come se fosse essa stessa il monumento della piazza, e i ragazzi del quartiere ormai si danno appuntamento al parcheggio davanti “al Tetano”.
Roma, credetemi, è una città normale, in cui ogni quartiere ha il proprio parcheggio-foro, la propria porta verso il resto della Città, la propria Strada Regina. È qui che gli edifici nascosti diventano Icone svelate. È la volontà manifesta e ripetuta di identità dei quartieri.